Quando le persone mi incontrano, mi domandano subito quale sia il mio genere di fotografia. La risposta sembrerebbe scontata, ma non lo è, quando si inseguono le emozioni. Le emozioni... Si, credo che la ricerca dell'emozione sia il filo che lega ogni mia foto. Cerco sempre il sorriso di un bambino, l'abbraccio spontaneo della sua mamma, la carezza a volte timida del suo papà...
Adoro vedere i bimbi giocare, correre e ridere, e vorrei riuscire sempre a fermare questi brevi attimi di vita quotidiana, non momenti speciali studiati per l'occasione ma piccoli gesti di ogni giorno. Devo dire che non è facile, perchè le espressioni dei bambini cambiano di attimo in attimo, ma credo che sia bellissimo riuscire a fermarle così da poterle in futuro guardare con tenerezza pensando al gesto o alla situazione che le hanno generate.
Per questa ragione cerco sempre la luce perfetta...
Con i bambini più grandicelli prediligo fotografare in esterni, perchè è all'esterno che il bambino si esprime al meglio, senza timori e condizionamenti; questo perchè spesso sul set fotografico i bambini perdono la loro spontaneità e la loro innata curiosità, così che spesso la foto appare poco naturale anche se perfetta dal punto di vista tecnico: non mossa, non fuori fuoco, sempre luminosa, nessuna fastidiosa ombra. Per contro si rischia di avere espressioni poco spontanee, costruite, e una sensazione di "appiattimento" del soggetto, ciò che non è necessariamente il "non plus ultra" per un bambino che "vive" di movimento. E' pertanto fondamentale saper entrare in contatto con il bambino, affinchè anche "indoor" il bambino collabori e si diverta con me e lo staff.Quando preparo un servizio fotografico ritengo utile, proprio per rispettare la naturalezza della foto, incontrare il bimbo o la bimba da fotografare qualche giorno prima del servizio. Ritengo che ciò aiuti molto al fine di conoscere le sue espressioni, il suo carattere, i suoi desideri.
Se dovessi dare un nome al mio modo di fotografare, direi che quello che si avvicina di più è il "fotoreportage". In effetti amo raccontare la "storia" di un gesto o di un sorriso, raccontare il motivo che ha scatenato una certa smorfia e le reazioni di chi guarda il bambino, per poi immaginare la reazione di chi guarderà la foto, siano essi famigliari che conoscono il bambino, siano essi estranei che dovranno percepire l'emozione generata dalla situazione senza aver vissuto quel momento. Ma il mio si può anche definire "ritratto spontaneo" in quanto cerco sempre di cogliere la spontaneità nei volti delle persona che fotografo.
In realtà, a mio parere non si può racchiudere un "modo di fotografare" in una sola parola. Una foto racchiude sempre l'essenza del fotografo, la sua sensibilità, la sua esperienza, il suo vissuto, e perchè no, anche le conoscenze tecniche e le possibilità offerte oggi dalla tecnologia.
Il mio stile è il mio modo di comunicare e descrivere la realtà e le emozioni, mettendo il massimo impegno per farlo nel modo meno invasivo possibile, in modo che l'obiettivo non condizioni la spontaneità del soggetto da fotografare. .